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Civilisti a Milano



Nicola Verri

Ha maturato esperienza prevalentemente nella consulenza alle imprese ed in materia locatizia e condominiale, occupandosi anche di privacy e di compliance aziendale.

Lingue: inglese

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Diritti successori del coniuge e divieto di usufrutto successivo dopo il decesso del coniuge superstite cui i

2024-09-30 08:55

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successione coniuge, successione-coniuge, testamento, nomina-usufruttuari,

a)        Contenuto della quota legittima


Al coniuge spetta la metà del patrimonio, cui la legge riserva anche il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano (art. 540 c.c.).


In presenza di disposizioni testamentarie che non rispettano la legge, è possibile al legittimario di confermare la volontà del testatore (cfr. art. 590 c.c.).


b)        Legato in luogo di legittima


Per altro verso, è consentito il legato in sostituzione di legittima, che ha l’effetto, se il legittimario accetta il legato, di “perdere il diritto a chiedere un supplemento nel caso che il valore del legato sia inferiore a quello della legittima” (art. 551 c.c.).


Per giurisprudenza si è considerato che “La disposizione testamentaria con la quale si attribuisce il diritto di usufrutto generale su tutti gli immobili compresi nell'asse ereditario è da qualificarsi legato” (cfr. T. Bologna Sent., 06/10/2008 Famiglia, Persone e Successioni n. 2/2009).


Per effetto della norma dell’art. 551 c.c. è ininfluente il fatto che il valore del bene oggetto del legato sia superiore, pari o addirittura inferiore al valore della legittima: il legittimario può scegliere di rifiutare il legato e chiedere la legittima con l’azione di riduzione oppure conseguire il legato, nel qual caso perde il diritto di chiedere un supplemento fino a integrazione del valore della quota di riserva. (così Ieva, in Famiglia, Persone e Successioni n. 2/2009, pag. 147).


c)       Diritto di abitazione e di uso degli arredi


Dall’altro lato, se vi è una altra casa, oltre la casa di residenza familiare, occorre prevedere, oltre all’usufrutto, il diritto di abitazione e di uso degli arredi di tale ulteriore casa.


 


Inammissibilità di usufrutto successivo


È problematica l’ammissibilità dell’usufrutto successivo ai nipoti ex sorore, prevedendo l’art. 698 c.c. che “la disposizione con la quale è lasciata a più persone successivamente l’usufrutto ha valore soltanto a favore di quelle che alla morte del testatore si trovano primi chiamati a goderne”.


Vi sono precedenti di giurisprudenza (Cass. n. 3969/1979, Cass. n. 262/1962, Cass. n. 3985/1952) che affermano essere il divieto del legato dell’usufrutto successivo di ordine pubblico, ricollegandosi al divieto delle sostituzioni fidecommissarie, ritenute contrarie al principio della libera circolazione di beni. La spiegazione è che l’usufrutto deve, ex lege (art. 979 c.c.), estinguersi alla morte dell’usufruttuario e che l’ordinamento vieta la sostituzione fidecommissoria, tranne che negli specifici casi previsti dall’art. 692 c.c.. Qualora fosse ammissibile la successione mortis causa nel diritto, ossia un usufrutto che sorga derivatamente da un altro usufrutto, si avrebbe violazione di tali norme.


Di conseguenza, il legato di usufrutto può valere solo a favore del primo chiamato (coniuge superstite) e non anche dei successivi (nipoti).


Per altra interpretazione di dottrina, invece, il senso dell’art. 698 c.c. richiede solo che tutti i soggetti beneficiari siano esistenti e capaci nell’apertura della successione, di modo che l’usufrutto non ecceda, comunque, la durata della vita del più longevo tra i beneficiari.


Se prevalesse questa interpretazione, ad oggi non confermata in giurisprudenza, la istituzione dei nipoti come successivi usufruttuari congiunti sarebbe pienamente valida.


Inoltre, è considerata ammissibile ex art. 590 c.c. la conferma del legato nullo ex art. 698 c.c., se ne viene data volontaria attuazione. Secondo Cass., 14 maggio 1962, n. 1024, il divieto di cui all’art. 698 c.c. costituisce norma di ordine pubblico, ma è ad essa applicabile l’art. 590 c.c. in quanto “sono convalidabili anche le disposizioni testamentarie che siano nulle, sotto il profilo formale o sostanziale, perché contrarie a norme di ordine pubblico, a condizione peraltro che il negozio di convalida non risulti anch’esso in contrasto con tali precetti” in quanto “la legge si limita a vietare che l’usufrutto successivo sia costituito mediante testamento o donazione (salva l’eccezione prevista dall’art. 796), ma non estende tale divieto agli atti tra vivi diversi dalla donazione, tra i quali si inquadra il negozio di convalida” (cfr. in Rivista Dir. Civ., n. 3/2006, pag. 356, nota 95).


Il risultato di far beneficiare i nipoti ex sorore dei beni dopo la morte dell’usufruttuario, sarebbe ottenibile, secondo Cass. n. 3985/1957 e Cass. n. 7710/2016, trasferendo per atto “inter vivos” diverso dalla donazione (compravendita), la nuda proprietà dell’immobile, riservandosi l’usufrutto e dopo la morte, ad uno o più terzi.


 


Clausola per evitare l’accrescimento


Altro punto è se prevedere, in caso di istituzione congiunta dei nipoti quali usufruttuari, che, in caso di rifiuto di uno o più di loro o di morte di uno di loro, si accresca il diritto di usufrutto dei restanti o si consolidi con la nuda proprietà di uno di essi. La differenza è che con il diritto di accrescimento, qualora un usufruttuario non possa o non voglia accettare, la sua parte si accresce agli altri. Invece, escludendo l’accrescimento, la nuda proprietaria in caso di rifiuto o impossibilità di uno o più usufruttuari riceverebbe la piena proprietà di 1/3 o 2/3 e la nuda proprietà dei restanti 2/3 o 1/3


 


Invalidità della condizione apposta al diritto di usufrutto


È dubbio che sia considerata lecita la condizione che gli usufruttuari successivi affidino gestione ordinaria e straordinaria ad un amministratore che disponga delle rendite dei beni dati in usufrutto.


Il problema sorge dal fatto che il diritto di usufrutto consiste nel diritto di godere della cosa, traendone ogni utilità che questa può dare, quindi, se la disposizione testamentaria impone che la gestione e le rendite dalle locazioni e affitto dei beni immobili siano affidate ad un amministratore, si svuota il diritto di usufrutto.


Resterebbe nella facoltà degli usufruttuari, in alternativa a dare in locazione la casa, i cui canoni andrebbero, però al conto di gestione, goderne direttamente tutti e tre oppure quello/quelli degli usufruttuari che ci vivesse, pagare un canone proporzionale.


In giurisprudenza, una remota sentenza (C. Appello Cagliari, 17/7/1947) ha dichiarato nulla la disposizione con cui un testatore dopo aver attribuito un legato di usufrutto, priva il titolare del possesso o del potere di amministrazione della cosa legata.


Su questo punto occorre aver presente che la condizione impossibile si considera non apposta (art. 634 c.c.).



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